14 Mag Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4956 del 13 maggio 1993
Testo massima n. 1
In tema di omicidio, dalla preordinazione del crimine, concernente le modalità di esecuzione di esso, che non è da sola sufficiente a denotarne la premeditazione, possono essere tratti elementi sintomatici idonei ad una corretta individuazione e qualificazione del dolo del soggetto agente, con la conseguenza che la causale del fatto, la preordinazione accurata dei mezzi per porlo in essere, la ricerca della occasione più favorevole per realizzarlo e le modalità di esecuzione del delitto sono fatti oggettivi dai quali il giudice di merito può, con adeguata motivazione, desumere la sussistenza o meno della circostanza aggravante prevista dall’art. 577, comma primo n. 3, c.p.
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Testo massima n. 1
In tema di omicidio, la premeditazione presuppone due elementi: uno di natura cronologica, costituito da un apprezzabile lasso di tempo fra l’insorgenza del proposito criminoso e la attuazione di esso e l’altro di carattere ideologico, consistente nella ferma risoluzione criminosa perdurante nell’animo dell’agente, senza soluzioni di continuità, fino alla commissione del crimine. Il primo di tali elementi è particolarmente indicativo perché, concretandosi in un intervallo temporale in cui l’agente potrebbe riflettere ed eventualmente recedere dal proposito criminoso, denota — ove tale recesso non si sia verificato — una particolare intensità di dolo che si traduce in una fredda e perdurante determinazione a commettere il reato, nel che si sostanzia l’altro degli elementi costitutivi dell’aggravante. Ne consegue che detti elementi si integrano e si arricchiscono reciprocamente e ad entrambi occorre guardare per decidere se sussista la circostanza aggravante di cui all’art. 577, comma primo n. 3, c.p.
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