14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2413 del 20 luglio 1994
Testo massima n. 1
Pure se la nozione di cosa pertinente al reato che giustifica l’adozione del sequestro probatorio ha un contenuto più ampio della nozione di corpo di reato, postulando la seconda l’esistenza di un rapporto di immediatezza tra la cosa e l’illecito penale e la prima soltanto un rapporto anche indiretto rispetto all’accertamento dei fatti, la verificata provenienza lecita della res sequestrata vale comunque a sottrarla dalle cose pertinenti al reato non essendo ravvisabile alcun rapporto, neppure indiretto tra di essa ed il reato addebitato. La detta nozione — non postulando un rapporto di mediatezza tra la res e l’illecito — resta, infatti, designata dal nesso strumentale con la necessità per l’accertamento del reato in cui si esprime la sua valenza teleologica. [ Nella fattispecie la Corte ha annullato il provvedimento di conferma del sequestro probatorio di una somma di danaro, osservando che la finalità, additata dal giudice a quo, di ricostruire l’origine e l’evolversi del credito nel corso degli anni, non appare sufficiente per giustificare la misura, potendo l’ipotizzata esigenza essere perseguita attraverso l’acquisizione della documentazione bancaria, considerando il valore monofunzionale del sequestro probatorio quando esso concerna [ non il corpo di reato, ma ] cose pertinenti al reato. Senza contare che, in caso contrario, si consentirebbe — e con modalità davvero surrettizie — l’utilizzazione di uno strumento, come quello previsto dall’art. 253 e seguenti, c.p.p., preordinato a fini di prova, a mere esigenze di prevenzione, coinvolgendo, oltre tutto, in una materia costituzionalmente presidiata, una diversa disciplina normativa, non correttamente chiamata in causa, considerato lo scopo perseguito ].
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