Cass. civ. n. 4866 del 1 marzo 2007

Testo massima n. 1


La mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti delle ordinanze pronunziate fuori udienza determina la nullità delle attività riconducibili alle udienze posteriormente celebrate, che si estende agli atti successivi del processo, per violazione del principio del contraddittorio. Peraltro, nel caso in cui non sussista in concreto violazione di detto principio per effetto della spontanea partecipazione del predetto difensore all'udienza successivamente fissata senza che la cancelleria abbia provveduto al relativo adempimento informativo, la nullità del procedimento deve intendersi sanata, in quanto tale partecipazione dimostra che la parte ha potuto svolgere le sue difese. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata con la cui motivazione era stato ritenuto che, in virtù della sopravvenuta partecipazione del difensore alle udienze successive a quella per la quale non gli era stato comunicato l'avviso del differimento d'ufficio, la nullità riconducibile a quest'ultima omissione si sarebbe dovuta considerare sanata avendo lo stesso difensore potuto spiegare integralmente le sue difese e formulare le conclusioni, che erano state esaminate dal giudice di primo grado).

Testo massima n. 2


Secondo il testo originario dell'art. 182, comma secondo, cod. civ. (poi sostituito dalla legge 19 maggio 1975, n. 151), riferito alla dote in danaro, in beni mobili o immobili stimati, se erano costituiti in dote beni immobili stimati, ma non vi era espressa dichiarazione, che attribuisse la proprietà al marito, nei confronti di detti beni la costituzione in dote non poteva considerarsi sufficiente ad operarne il trasferimento, con la conseguenza che gli stessi non diventavano di proprietà del marito e rimanevano nella titolarità della moglie. (Nella specie, la S.C. ha enunciato il riportato principio per ritenere che, in difetto di prova, nelle forme prescritte, del trasferimento della proprietà in capo al marito dei beni immobili dotali, la moglie, in quanto rimasta proprietaria, si sarebbe dovuta considerare legittimata a resistere con riguardo ad un'azione reale per la riduzione in pristino di una situazione dei luoghi modificata in virtù dell'illegittima edificazione di una sua costruzione e dell'intervenuta deviazione illecita del contiguo corso di un canale). (Rigetta, App. Palermo, 25 febbraio 2002).