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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 6338 del 30 maggio 1994

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 6338 del 30 maggio 1994

Testo massima n. 1

L’art. 57 c.p., che configura un’ipotesi di reato proprio, autonoma e strutturalmente caratterizzata dall’omissione dell’attività di controllo, contemplata come causa di un evento non voluto, ed addebitabile al direttore [ o al vice direttore ] di stampa periodica a titolo di colpa, richiede che la colpa del direttore medesimo tragga origine dall’inosservanza di norme che devono regolare la sua condotta e che gli impongono, per le funzioni che gli competono, la vigilanza ed il sindacato sul materiale da stampare, al fine di impedire che vengano commessi reati.

Testo massima n. 1

Nella contravvenzione prevista dall’art. 684 c.p. – che punisce chiunque, in tutto o in parte, anche per riassunto, e a guisa di informazione, atti o documenti di un processo penale, di cui sia vietata la pubblicazione – l’elemento oggettivo, costituito dalla divulgazione di accadimenti oggetto di indagine penale fino a quando la legge ne tuteli la segretezza, riceve concreta ed attuale specificazione, oltre che dalla norma dell’art. 114 c.p.p., anche dall’art. 13 del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nell’individuazione dell’atto coperto dal segreto e nella indicazione di modalità trasgressive del divieto di pubblicazione del contenuto dell’atto medesimo. In particolare, la disposizione da ultimo ricordata ricomprende nell’area del divieto tutta la vasta serie di atti, implicanti «coinvolgimento» del minore nel procedimento, nella qualità di parte o di testimone, ed il cui contenuto non può essere tratto indirettamente mediante identificazione che se ne possa fare, ancorché in ambito territoriale ristretto, attraverso la sola immagine. Non rileva, in contrario, né che l’immagine stessa derivi da una ripresa fotografica eseguita sulla strada, perché non è la tutela dell’immagine come tale che occorre considerare, ma la idoneità della stessa a collegare al soggetto raffigurato l’avvenuto suo «coinvolgimento» in indagini preliminari, né che il nome del minore fosse già noto come indagato, in quanto la notorietà del fatto non esclude il reato poiché la pubblicazione conferisce alla notizia maggiore diffusione e propagazione.

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