14 Mag Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 12360 del 3 giugno 2014
Testo massima n. 1
In tema di interpretazione del contratto, il principio “in claris non fit interpretatio” presuppone che la formulazione testuale sia talmente chiara ed univoca da precludere la ricerca di una volontà diversa. A tal fine il giudice ha il potere-dovere di stabilire se la comune intenzione delle parti risulti in modo certo ed immediato dalla dizione letterale del contratto, attraverso una valutazione di merito che consideri il grado di chiarezza della clausola contrattuale mediante l’impiego articolato dei vari canoni ermeneutici, ivi compreso il comportamento complessivo delle parti, in quanto la lettera [ il senso letterale ], la connessione [ il senso coordinato ] e l’integrazione [ il senso complessivo ] costituiscono strumenti interpretativi legati da un rapporto di implicazione necessario al relativo procedimento ermeneutico. [ Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, secondo la quale, nell’interpretare una norma dello statuto del Fondo pensioni per il personale del Credito Bergamasco, il mero riferimento all’assemblea degli iscritti non consentiva di ritenere inequivoca la volontà statutaria di attribuire anche agli ex dipendenti titolari del trattamento pensionistico integrativo, e non solo ai lavoratori attivi, il diritto di partecipazione all’assemblea ].
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