14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10064 del 10 luglio 1990
Testo massima n. 1
A norma dell’art. 20 R.D. 21 giugno 1942, n. 929 l’avvenuto rilascio del brevetto per un marchio costituito da un nome geografico – nella specie «Gran Sasso» – non esclude l’uso da parte di terzi dello stesso nome come indicazione di provenienza. Tuttavia, nella previsione dell’art. 517 c.p. [ vendita di prodotti industriali con segni mendaci ], tale uso trova un limite nella confondibilità dei prodotti e deve essere quindi penalmente represso nel caso in cui, per le modalità con le quali il nome geografico venga impiegato, sia suscettibile di trarre in inganno i consumatori.
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Testo massima n. 1
La fattispecie di cui all’art. 517 c.p. [ vendita di prodotti industriali con segni mendaci ] è costituita dall’imitazione dei marchi [ ancorché non registrati ] e dei segni distintivi pre-adottati da altro imprenditore, la quale sia suscettibile di creare confusione sulla provenienza dei prodotti. La somiglianza fra i segni sopra indicati e la sua idoneità ingannatoria debbono essere accertate attraverso un esame sintetico dei segni medesimi ed avendo riguardo ai consumatori di media diligenza dello specifico prodotto. [ Nella specie la S.C. ha rilevato la corretta applicazione di tale metodo da parte dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto l’idoneità del marchio adottato dall’imputato ad ingannare i consumatori circa la provenienza dei prodotti – bibite – tenuto conto dell’identità della denominazione e della ricorrenza, in entrambi i marchi, della riproduzione del monte «Gran Sasso», a nulla rilevandone l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione, stampata in caratteri molto piccoli, né la diversità del disegno del monte, descrittivo in un marchio e stilizzato nell’altro ].
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