14 Mag Cassazione penale Sez. III sentenza n. 1686 del 11 febbraio 1998
Testo massima n. 1
L’art. 22, primo comma, della legge 15 febbraio 1963, n. 281 [ disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi ], in seguito alla depenalizzazione operata dall’art. 32, primo comma, della legge n. 689/1981, punisce con sanzione amministrativa “chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla [ stessa ] legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all’analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni … salvo che il fatto non costituisca più grave reato”. L’elemento materiale del reato di frode nell’esercizio del commercio [ art. 515 c.p. ] consiste nel consegnare all’acquirente una cosa mobile non conforme a quella convenuta e l’interesse tutelato è quello del leale esercizio e dell’onesto svolgimento del commercio. Le due norme si pongono, dunque, in una relazione di concorso reale [ non apparente ] per la diversa obiettività giuridica e per il diverso interesse protetto: garanzia della qualità dei prodotti venduti, nel primo caso; tutela della correttezza e lealtà commerciale, nel secondo. I beni giuridici tutelati, pertanto, non soltanto non sono identici, ma neppure omogenei e non può trovare applicazione il principio di specialità fissato dall’art. 9, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 in ipotesi di concorso tra le disposizioni penali e quelle amministrative previste da leggi dello Stato.
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