14 Mag Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 10430 del 4 marzo 2004
Testo massima n. 1
Il rapporto di causalità tra l’azione e l’evento può escludersi solo se si verifichi una causa autonoma e successiva, che si inserisca nel processo causale in modo eccezionale, atipico e imprevedibile, mentre non può essere escluso il nesso causale quando la causa successiva abbia solo accelerato la produzione dell’evento, destinato comunque a compiersi sulla base di una valutazione dotata di un alto grado di credibilità razionale o di probabilità logica. [ Fattispecie in materia di responsabilità professionale del medico per il suicidio di un paziente, in cui la Corte ha ritenuto che correttamente i giudici di merito, sulla base di un ragionamento probatorio esente da vizi logici e che aveva escluso ogni interferenza di fattori alternativi, avessero affermato l’efficacia causale della condotta del medico psichiatra che aveva autorizzato l’uscita dalla struttura sanitaria di una paziente malata di mente e con forti istinti suicidari, affidandola ad una accompagnatrice volontaria priva di specializzazione adeguata, alla quale non aveva fornito qualsivoglia informazione sullo stato mentale della malata e sui precedenti tentativi di suicidio dalla stessa attuati ].
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Testo massima n. 1
Sussiste nesso di causalità, suscettibile di dar luogo a responsabilità penale a titolo di colpa a carico del direttore di una casa di cura per malattie mentali, tra la morte per suicidio di una paziente ivi ricoverata e la condotta del suddetto direttore costituita dall’avere egli disposto che la medesima paziente, affetta da sindrome depressiva psicotica e già reduce da precedenti tentativi di suicidio, fosse accompagnata, durante un’uscita dalla casa di cura [ nel corso del quale il suicidio, mediante autoprecipitazione da una finestra, era avvenuto ], da un’assistente volontaria priva di adeguata esperienza e non previamente informata dello stato mentale e delle pregresse iniziative suicidarie del soggetto, nulla rilevando in contrario, atteso il principio dell’equivalenza delle cause, che la suddetta assistente avesse a sua volta posto in essere una condotta censurabile, per aver contravvenuto, accompagnando la paziente presso la propria abitazione [ ove poi era avvenuto il fatto ] alle istruzioni ricevute, secondo le quali l’uscita avrebbe dovuto essere limitata ad una breve passeggiata, accompagnata dalla consumazione di un gelato.
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