14 Mag Cassazione civile Sez. III sentenza n. 23086 del 10 dicembre 2004
Testo massima n. 1
L’azione di rivendicazione e quella di restituzione hanno natura distinta. La prima ha carattere reale, si fonda sul diritto di proprietà di un bene, del quale l’attore assume di essere titolare e di non avere la disponibilità, ed è esperibile contro chiunque in fatto possiede o detiene il bene al fine di ottenere l’accertamento del diritto di proprietà sul bene stesso e di riacquisirne il possesso. La seconda ha, invece, natura personale, si fonda sulla deduzione della insussistenza o del sopravvenuto venir meno di un titolo di detenzione del bene da parte di chi attualmente lo detiene per averlo ricevuto dall’attore o dal suo dante causa, ed è rivolta, previo accertamento di quella insussistenza o di quel venir meno, ad ottenere consequenzialmente la consegna del bene. Ne discende che l’attore in restituzione non ha l’onere di fornire la prova del suo diritto di proprietà; ma solo dell’originaria insussistenza o del sopravvenuto venir meno per invalidità, inefficacia, decorso del termine di durata, esercizio dell’eventuale facolta di recesso — del titolo giuridicio che legittimava il convenuto alla detenzione del bene nei suoi confronti. Le due azioni, peraltro, pur avendo causa pretendi e petitum distinti, in quanto dirette al raggiungimento dello stesso risultato pratico della disponibilità materiale del bene riacquisito, possono non solo proporsi in via alternativa o subordinata nel medesimo giudizio, ma anche trasformarsi l’una nell’altra nel corso di esso, nel rispetto delle preclusioni introdotte nel codice di rito dalla legge n. 353 del 1990.
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