14 Mag Cassazione civile Sez. III sentenza n. 6072 del 18 aprile 2012
Testo massima n. 1
In tema di esecuzione forzata, allorché l’esecuzione sia iniziata in base a titolo esecutivo giudiziale non definitivo, cui segua la pronunzia, nello sviluppo dello stesso processo in cui il primo si è formato, di altro titolo, il quale modifichi quantitativamente l’entità del credito riconosciuto nel titolo originario, persiste in favore del creditore, con effetto “ex tunc”, un valido titolo esecutivo, in ragione dell’effetto integralmente sostitutivo dei titoli esecutivi resi a cognizione piena rispetto a quelli anticipatori e di quelli di merito di secondo grado rispetto a quelli di primo, sempre che tale sostituzione o modifica del titolo sia portata a conoscenza del giudice dell’esecuzione. Ne consegue che, in ipotesi di ordinanza emessa, ai sensi dell’art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, per un determinato importo, cui sia subentrata dapprima una sentenza di condanna di primo grado per un importo maggiore e poi una sentenza di condanna in appello per un importo pari alla metà di quello riconosciuto nel grado precedente, stante la natura anticipatoria del primo provvedimento in funzione della successiva pronuncia a cognizione piena, nonché la normale retrodatazione degli effetti dell’accoglimento della domanda, l’ultima sentenza si sostituisce con efficacia “ex tunc” all’ordinanza iniziale, identici essendo i fatti costitutivi accertati e mutando esclusivamente la quantificazione della pretesa.
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Testo massima n. 2
In tema di espropriazione di beni indivisi, il giudizio con cui si procede alla divisione [ cd. divisione endoesecutiva ], pur costituendo una parentesi di cognizione nell’ambito del procedimento esecutivo, dal quale rimane soggettivamente ed oggettivamente distinto, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione né una fase, è, tuttavia, ad esso funzionalmente correlato. Ne consegue che il giudizio di divisione dei beni pignorati non può essere iniziato e, se iniziato, non può proseguire ove venga meno in capo all’attore la qualità di creditore e, con essa, la legittimazione e l’interesse ad agire, a meno che a tale deficienza – originaria o sopravvenuta – non si rimedi con una valida domanda di scioglimento della comunione formulata dal debitore convenuto, da altro creditore munito di titolo esecutivo, o, ancora, da alcuno dei litisconsorti necessari indicati nell’art. 1113, terzo comma, cod. civ..
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