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Cassazione penale Sez. II sentenza n. 1119 del 27 marzo 1999

Cassazione penale Sez. II sentenza n. 1119 del 27 marzo 1999

Testo massima n. 1

In tema di appropriazione indebita, l’evento del reato si realizza nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione della volontà dell’agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa, e non nel luogo e nel tempo in cui si compie l’azione. [ In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che, in un’ipotesi in cui l’agente aveva posto all’incasso alcuni assegni ricevuti a titolo di garanzia, informandone telefonicamente il debitore, il reato si fosse perfezionato non nel luogo della negoziazione dei titoli bensì in quello in cui si trovava la persona offesa al momento della ricezione della predetta comunicazione ].

Testo massima n. 2

La legittimazione a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione spetta in via esclusiva, per espressa designazione fatta dal legislatore, al pubblico ministero che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento, non potendosi riconoscere al procuratore generale presso la corte d’appello un potere di surroga assimilabile a quello attribuitogli dall’art. 570 nel giudizio di cognizione. Ed invero, l’autonomia funzionale conferita dall’ordinamento processuale ai singoli rappresentanti del P.M. rispetto a tutte quelle attività per le quali non è diversamente stabilito, induce a ritenere che, anche in tema di impugnazione, non è consentita, se non nei casi espressamente previsti dalla legge, la sostituzione dell’organo di grado superiore a quello presso il giudice che ha deliberato il provvedimento e che è naturalmente legittimato a contestarlo.

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