Cass. pen. n. 25239 del 21 giugno 2001
Testo massima n. 1
Il concorso di persone nell'omicidio seguito a una rapina a mano armata in danno del titolare di una gioielleria è, ai sensi dell'art. 110 c.p., pieno e non anomalo (art. 116 c.p.) atteso che l'evento omicidiario verificatosi non può considerarsi eccezionale e imprevedibile in un ordinario possibile suo sviluppo, alla luce di una verificata regolarità causale dovuta all'uso delle armi per fronteggiare evenienze peggiorative o per garantirsi la via di fuga.
Testo massima n. 2
Il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede nell'elemento psicologico, nel senso che nell'ipotesi della preterintenzione la volontà dell'agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell'evento morte, mentre nell'omicidio volontario la volontà dell'agente è costituita dall'animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (il tipo e la micidialità dell'arma, la reiterazione e la direzione dei colpi, la distanza di sparo, la parte vitale del corpo presa di mira e quella concretamente attinta).
Testo massima n. 3
Le dichiarazioni spontanee, rese ai sensi dell'art. 494 c.p.p. da più imputati che si sono avvalsi della facoltà di non sottoporsi ad esame nel contraddittorio fra le parti, per quanto convergenti tra di loro, non sono idonee a svalutare l'efficacia probatoria di una chiamata in correità, resa da altro imputato, purché sorretta da ampi e pregnanti riscontri.