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Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3643 del 14 febbraio 2013

Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3643 del 14 febbraio 2013

Testo massima n. 1

In forza dell’art. 2909 c.c., l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato anche nei confronti dei successivi aventi causa delle parti, senza che tale principio trovi deroga, in relazione al regime della trascrizione, per il caso di azioni a difesa della proprietà [ quale, nella specie, quella volta ad ottenere l’osservanza del limite legale della stessa stabilito dall’art. 913 c.c. ], atteso che, in tale ipotesi, non è operante né l’onere della trascrizione della sentenza ex art. 2643 n. 14 c.c., riguardante la diversa situazione delle pronunce che operino la costituzione, il trasferimento o la modificazione di diritti su immobili, né l’onere della trascrizione della domanda, ai sensi degli artt. 111, quarto comma, c.p.c. e 2653 c.c., previsto al diverso fine dell’opponibilità della sentenza nei confronti di chi succeda a titolo particolare nel diritto controverso nel corso del processo, e quindi prima della formazione del giudicato.

Testo massima n. 2

La sentenza di condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi [ nella specie, per l’accertata violazione del limite legale della proprietà stabilito dall’art. 913 c.c. ], pronunciata nei confronti del dante causa, ha efficacia di titolo esecutivo altresì nei confronti dell’avente causa, che abbia acquistato dopo la formazione del giudicato, per atto tra vivi a titolo particolare, il fondo assoggettato all’esecuzione delle opere eliminative. Ove, tuttavia, il trasferimento del bene sia avvenuto prima dell’inizio del processo di esecuzione forzata di obblighi di fare, la legittimazione passiva all’azione esecutiva spetta esclusivamente a chi, tra l’alienante condannato e l’acquirente del diritto, abbia la materiale disponibilità della cosa, e possa, perciò, realizzare il risultato dovuto in base al titolo; qualora, invece, la titolarità o il possesso del bene vengano trasferiti nella pendenza del processo esecutivo, gli atti già compiuti contro il dante causa conservano validità nei confronti del successore, rimanendo a quest’ultimo consentito di interloquire sulle modalità dell’esecuzione, anche in sostituzione del primo.

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