14 Mag Cassazione penale Sez. II sentenza n. 4597 del 5 maggio 1993
Testo massima n. 1
In materia di termini di durata della custodia cautelare, l’ampia formula della disposizione di cui all’art. 303, comma secondo, c.p.p., comprende nella previsione normativa anche l’ipotesi che il procedimento regredisca dalla fase del giudizio dinanzi al tribunale a quella degli atti preliminari dinanzi al Gip, da cui non sono escluse le indagini di competenza del pubblico ministero, posto che il termine di durata massima della custodia cautelare è fatto decorrere dall’inizio della custodia della misura.
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Testo massima n. 1
Poiché la legge del 26 aprile 1990, n. 86 non ha cancellato la figura criminosa della malversazione in danno dei privati ma le ha solo dato una diversa ristrutturazione, trasfusa nella modificata ipotesi di peculato di cui all’art. 314 c.p., come ridisegnata dalla stessa L. n. 86 del 1990, il pubblico ufficiale che, prima dell’entrata in vigore di questa, avendo per ragioni del suo ufficio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di cose del privato se ne appropri, convertendoli a proprio profitto, con interruzione del titolo del possesso in proprietà, deve rispondere del delitto previsto dal soppresso art. 315 c.p., norma più favorevole anche quoad poenam di quella di cui all’art. 314 c.p., nuova formulazione, e non già del reato ex art. 323, cpv., c.p., come modificato dalla L. n. 86 del 1990. [ Nella fattispecie l’imputato, nella sua qualità di ufficiale giudiziario, aveva ritardato il versamento di somme da lui riscosse in pagamento di effetti cambiari rimessigli per l’incasso dagli istituti di credito ed aveva convertito il denaro in assegni circolari per procurare a sé un ingiusto profitto patrimoniale in quanto usava e teneva a disposizione il denaro per la sua attività di finanziatore privato ].
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