Cass. pen. n. 655 del 29 aprile 1997
Testo massima n. 1
In tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso la dichiarazione proveniente da un appartenente ad una famiglia mafiosa secondo la quale un soggetto è inserito nell'altra associazione contrapposta, rivale della propria, e svolge per essa funzioni di controllo del territorio, sebbene debba essere valutata con i criteri propri dell'informazione fornita da un estraneo e non come chiamata in correità, costituisce un indizio consistente nei confronti della persona indicata, ma non sufficientemente grave da giustificare l'adozione di una misura restrittiva. Infatti l'attribuzione a taluno della qualità di appartenente ad associazione di stampo mafioso, per assumere il carattere di indizio «grave», deve essere accompagnata da concreti elementi di fatto e di condotta, idonei a storicizzare l'accusa. In caso contrario detta affermazione si riduce ad un mero giudizio soggettivo.
Testo massima n. 2
In tema di valutazione delle dichiarazioni accusatorie, occorre tener presente che le dichiarazioni che attengano alla appartenenza di un dato soggetto a un gruppo criminale, provenienti da un soggetto inserito in una famiglia o cosca mafiosa contrapposta, devono essere valutate alla stregua delle dichiarazioni rese da persona che può riferire circostanze utili alle indagini ai sensi dell'art. 351 comma primo c.p.p. e non quali dichiarazioni di persona indagata di reato connesso o collegato e soggette perciò al criterio di valutazione previsto dall'art. 192 commi terzo e quarto c.p.p. Ciò non toglie naturalmente che la loro attendibilità deve essere vagliata tenendo conto dei particolari motivi che possono aver indotto il dichiarante a riferirle.