14 Mag Cassazione civile Sez. III sentenza n. 9687 del 3 maggio 2011
Testo massima n. 1
L’atto di morte formato all’estero e riguardante un cittadino italiano deve essere trasmesso per via diplomatica o consolare per la trascrizione nei registri dello stato civile, atteso che solo attraverso detta formalità esso acquista la medesima efficacia probatoria degli atti dello stato civile formati in Italia. Nel caso in cui la trasmissione e la trascrizione siano mancate, occorre verificare se si verta nell’ipotesi in cui la prova della morte, ai sensi dell’art. 452 c.c. può essere data con ogni mezzo. Tale norma trova applicazione, tuttavia, soltanto nell’ipotesi in cui manchi qualsiasi registrazione dell’atto nei registri italiani od esteri ovvero quando non sia possibile avvalersi della prova privilegiata costituita dalle risultanze di tali registri. Ne consegue che, ove la registrazione della morte sia stata effettuata dall’ufficiale dello stato civile competente secondo la legge del luogo in cui l’evento si è verificato, la prova deve essere fornita mediante certificato rilasciato all’estero dall’autorità che ha formato l’atto accompagnato dalla legalizzazione della sottoscrizione dell’autorità estera da parte delle autorità consolari o diplomatiche secondo il modello previsto dall’art. 30 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 444, o, se il rapporto riguarda paesi che aderiscono alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata con legge 20 dicembre 1966, n. 1253, mediante la formula “apostille”. [ Nella specie la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva escluso l’efficacia probatoria di un certificato di morte, in originale, rilasciato dall’autorità competente degli stati Uniti e accompagnato da traduzione giurata, non ritenendo peraltro applicabile l’art. 452 c.c. ].
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