14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10414 del 17 luglio 1990
Testo massima n. 1
Ciò che caratterizza l’atto pubblico fidefaciente è, oltre all’attestazione di fatti appartenenti all’attività del pubblico ufficiale o caduti sotto la sua percezione, la circostanza che esso sia destinato ab initio alla prova, ossia precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice, diretta, cioè, per legge, alla prova di fatti che lo stesso funzionario redigente riferisce come visti, uditi o compiuti direttamente da lui [ nella specie si trattava di un atto in cui un notaio aveva attestato di aver identificato un soggetto, firmatario di atti di costituzione di una società e di accettazione di carica, che non era invece comparso alla sua presenza ].
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Testo massima n. 2
Il reato di rivelazione di segreti d’ufficio, previsto dall’art. 326 c.p., sussiste solo se dalla violazione del segreto sia derivato o possa derivare danno per la pubblica amministrazione o per i terzi, giacché a tale condizione è subordinato il dovere generale di riservatezza imposto [ fuori dell’ipotesi di cui all’art. 230 c.p.p. ] dall’art. 15 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 [ testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato ].
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