14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4108 del 19 aprile 1996
Testo massima n. 1
I riscontri esterni possono essere sia rappresentativi che logici, purché dotati di tale consistenza da resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall’imputato. Si è inoltre chiarito che essi non debbono consistere né in una prova autonoma della colpevolezza del chiamato, il che renderebbe superflua la chiamata in correità, né necessariamente concernere in modo diretto il thema probandum, essendo invece sufficiente che gli stessi si risolvano in una conferma anche indiretta delle dichiarazioni accusatorie, la quale però consenta, per la sua consistenza di dedurre in via logica, a mente dell’art. 192, comma 3, c.p.p. l’attendibilità di tali fonti di prova. In base a questo principio — applicato all’ipotesi di coesistenza di più chiamate in correità — deve desumersi che qualora un coimputato od un imputato per reati connessi rendano dichiarazioni plurime, l’integrazione probatoria di una di esse può anche derivare dalla sussistenza di elementi di conferma riguardanti direttamente le altre, purché sussistano ragioni idonee a giustificare siffatto giudizio. E tali ragioni possono individuarsi nella stretta connessione risultante tra i fatti oggetto delle dichiarazioni direttamente riscontrate ed i fatti di cui alle ulteriori accuse, per essere, ad esempio, gli uni prodromi degli altri.
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Testo massima n. 2
Il discrimine fra l’elezione e la mera dichiarazione di domicilio, riposa sul fatto che, mentre in quest’ultima è indicato soltanto il luogo in cui gli atti debbono essere notificati, invece nella prima, fondata su di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e l’imputato, deve essere specificata anche la persona presso cui la notificazione va eseguita; con la necessaria conseguenza che l’espressione «eleggo domicilio» seguita dalla sola indicazione di quest’ultimo e non anche del domiciliatario, integra una mera dichiarazione di domicilio.
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