14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 10654 del 13 maggio 2011
Testo massima n. 1
Il genitore, autorizzato dal tribunale ai sensi dell’art. 320, quinto comma, c.c., alla continuazione dell’esercizio dell’impresa commerciale del minore, può compiere, senza necessità di specifica autorizzazione del giudice tutelare, anche i singoli atti strettamente collegati a tale esercizio, stante il carattere dinamico dell’impresa e la necessità di assumere decisioni pronte e tempestive, le quali sarebbero gravemente ostacolate, o addirittura paralizzate qualora, per ogni singolo atto, occorresse rivolgersi all’autorità giudiziaria; pertanto, non necessita di previa autorizzazione la stipula del contratto di apertura di credito bancario, essendo strumento fondamentale e presupposto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, la quale non potrebbe svolgersi senza i fondi necessari. E, inoltre, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 320, quinto comma, c.c., sollevata con riferimento all’art. 3 Cost., per violazione del principio di uguaglianza tra minore esercente e minore non esercente un’attività commerciale, dal momento che nel primo caso è prevista dalla legge una duplice autorizzazione [ provvisoria da parte del giudice tutelare, definitiva da parte dei tribunale in composizione collegiale che, in detta sede, può controllare e valutare l’attività svolta dopo la prima autorizzazione ] e che, in forza dell’art. 334 c.c., in ipotesi di cattiva amministrazione del patrimonio del minore, il tribunale per i minorenni può stabilire condizioni e prescrizioni ai genitori e, nei casi più gravi, rimuovere entrambi o uno di essi dall’amministrazione, come pure il curatore speciale esercente l’impresa.
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