Cass. pen. n. 23122 del 9 giugno 2011
Testo massima n. 1
Il divieto, per il giudice ricusato, di pronunciare sentenza ex art. 37 comma secondo, c.p.p., opera sino alla pronuncia di inammissibilità o di rigetto, anche non definitiva, dell'organo competente a decidere sulla ricusazione, essendo, tuttavia, la successiva decisione del giudice ricusato, affetta da nullità qualora la pronuncia di inammissibilità o di rigetto sia annullata dalla Corte di cassazione e il difetto di imparzialità accertato dalla stessa Corte o nell'eventuale giudizio di rinvio.
Testo massima n. 2
La violazione del divieto, ex art. 42, comma primo, c.p.p., per il giudice la cui ricusazione sia stata accolta, di compiere alcun atto del procedimento comporta rispettivamente la nullità, ex art. 178, lett. a) c.p.p., delle decisioni ciononostante pronunciate e l'inefficacia di ogni altra attività processuale, mentre la violazione del divieto, ex art. 37, comma secondo, c.p.p., per il giudice solo ricusato, di pronunciare sentenza, comporta la nullità di quest'ultima solo ove la ricusazione sia successivamente accolta, e non anche quando la ricusazione sia rigettata o dichiarata inammissibile. (In motivazione la Corte ha precisato che il rispetto del divieto di pronunciare sentenza costituisce in ogni caso un preciso dovere deontologico del magistrato ricusato).
Testo massima n. 3
Rientra, nell'ambito del divieto, per il giudice ricusato, di pronunciare sentenza sino a che non intervenga l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, ogni provvedimento che, comunque denominato, sia idoneo a definire la regiudicanda cui la dichiarazione di ricusazione si riferisce. (Fattispecie di ordinanza di revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale).