14 Mag Cassazione civile Sez. II sentenza n. 2394 del 10 agosto 1974
Testo massima n. 1
Per l’esercizio dell’impugnazione della rinunzia ad un’eredità da parte dei creditori è richiesto un unico presupposto di carattere oggettivo, ossia che la rinunzia all’eredità da parte del debitore importi un danno per i suoi creditori, in quanto il suo patrimonio personale non basti a soddisfarli e l’eredità presenti un attivo. Non è necessario che siano consapevoli di tale danno i successivi chiamati all’eredità, i quali, a seguito della rinunzia del primo, l’abbiano accettata; né è necessario che la rinunzia all’eredità sia stata preordinata allo specifico scopo d’impedire ai creditori di soddisfarsi, e neppure occorre da parte del debitore la consapevolezza del pregiudizio loro arrecato. Quanto al presupposto del danno, basta che al momento della proposizione dell’azione di cui all’art. 524 c.c. il danno sia sicuramente prevedibile, nel senso che ricorrano fondate ragioni per ritenere per i beni personali del debitore possano non risultare sufficienti per soddisfare del tutto i suoi creditori. Diversamente dalla revocatoria, l’impugnazione della rinunzia da parte del debitore ad un’eredità di cui all’art. 524 c.c. non mira a rendere inefficace un atto di disposizione del patrimonio del debitore, che abbia ridotto la garanzia generica dei suoi creditori, in quanto, non avendo la delazione ereditaria natura patrimoniale, non essendo cioè un bene del patrimonio del chiamato, al quale attribuisce soltanto un potere, la di lui rinunzia non costituisce un atto di rinunzia in senso proprio, ma un semplice rifiuto, e non produce l’effetto della dismissione di beni entrati nel suo patrimonio, ma quello d’impedirne l’ingresso. L’azione dei creditori per farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del debitore rinunziante [ art. 524 c.c. ], differisce dalla surrogatoria, giacché non mira a far entrare i beni dell’eredità rinunziata nel patrimonio del debitore, il quale per effetto di essa non li acquista nemmeno fino alla concorrenza dei crediti fatti valere, e tuttavia risulta più vantaggiosa per i creditori che non l’azione surrogatoria, il cui esercizio non sarebbe ipotizzabile in caso di rinunzia non revocabile a norma dell’art. 525 c.c. I creditori, prima di esercitare l’azione di impugnazione della rinunzia all’eredità da parte del debitore, cui all’art. 524 c.c. non sono tenuti ad interpellare i successivi chiamati ed accettanti l’eredità, per sapere se intendano pagare i debiti del rinunziante, né costoro hanno un diritto di poter vendere essi stessi i beni ereditari, per poter esercitare la facoltà di provvedere a un tale pagamento mediante il ricavato.
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