14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5021 del 15 marzo 1996
Testo massima n. 1
A norma dell’art. 7, comma 2 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, le funzioni del collegio per i reati ministeriali, alla scadenza del biennio della durata della sua carica sono prorogate per i procedimenti non definiti nella composizione con cui esso ha iniziato le indagini; tale norma, attesa la sua valenza costituzionale, rappresenta una deroga alla disciplina della connessione, non potendo il collegio, in regime di prorogatio essere investito, neppure in forza della connessione, di altri procedimenti. Né detta investitura potrebbe essere conferita ad altro collegio non in regime di
prorogatio, pervenendosi altrimenti alla conclusione, davvero irrazionale, della cognizione di un organo giurisdizionale la cui competenza viene conferita per la sola sua qualità e non [ almeno di norma ] per l’adozione della decisione che definisce il giudizio.
Articoli correlati
Testo massima n. 2
Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l’autorizzazione del magistrato e non nei «casi» e nei «modi» stabiliti dalla legge, come prescritto dall’art. 13 Cost., si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell’inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all’esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 253, primo comma, c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti. [ Fattispecie relativa a perquisizione domiciliare, eseguita senza l’autorizzazione della competente A.G., nel corso della quale erano stati sequestrati circa trentuno grammi di cocaina. La S.C., nell’enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che l’ufficiale di P.G., il quale abbia eseguito una perquisizione fuori dei casi e non nei modi consentiti dalla legge, non abbia l’obbligo, a causa dell’abuso compiuto, di sequestrare la cosa pertinente al reato rinvenuta nel corso di essa, quasi che l’arbitrarietà o l’illiceità della condotta possa privare l’autore della qualifica soggettiva da lui rivestita ].
Articoli correlati
[adrotate group=”23″]