14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 9513 del 8 settembre 1999
Testo massima n. 1
Lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria, che, attenuandosi il fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando così il fine mutualistico con un’attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni o servizi a terzi a fini di lucro. La possibilità che la cooperativa assuma tali diverse tipologie comporta necessariamente una diversità di posizioni del socio cooperatore, senza, peraltro, che, anche laddove è più accentuato il fine mutualistico [ come nelle cooperative di consumo ], il parametro normativo di riferimento cessi di essere quelle delle società [ come dimostra l’art. 2516 c.c. ], pur rimanendo la posizione del socio cooperativo distinta da quella del socio di una società di capitali, in quanto quest’ultimo persegue un fine puramente speculativo, mentre il primo mira di regola ad un risultato economico e ad un vantaggio patrimoniale diverso dal lucro, o comunque peculiare e variante a seconda del ramo di attività cooperativa esercitato dalla società. Tale vantaggio non è costituito [ o almeno non lo è prevalentemente ] dalla più elevata remunerazione possibile del capitale investito, ma dal soddisfacimento di un comune preesistente bisogno economico [ di lavoro, del bene casa, di generi di consumo, di credito ed altri ], con la congiunta consecuzione di un risparmio di spesa per i beni o i servizi acquistati o realizzati dalla propria società [ come nelle cooperative di consumo ], oppure di una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti [ come nelle cooperative di produzione e di lavoro ].
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