14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 17033 del 23 giugno 2008
Testo massima n. 1
Il curatore del fallimento, quando agisce ai fini della reintegrazione del patrimonio del fallito, esercita un’azione di massa e svolge un’attività distinta ed autonoma rispetto a quella che avrebbe potuto svolgere il fallito stesso, ponendosi perciò necessariamente nella posizione di terzo. Allorché egli eserciti l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società fallita [ art. 146, secondo comma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 ], secondo le norme degli artt. 2392 e 2393 del c.c., il contenuto delle azioni contemplate dai detti articoli diventa inscindibile, onde è irrilevante la questione relativa all’asserita conformità dell’operato [ anche se illegittimo ] dell’amministratore della società fallita alla volontà espressa dai soci del tempo, non essendo tale volontà opponibile al curatore.
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Testo massima n. 2
L’art. 2425 n. 6 c.c. [ nella vecchia formulazione ], disponendo che, ai fini dell’iscrizione nell’attivo del bilancio di società per azioni, i crediti «devono essere valutati secondo il presumibile valore di realizzazione» non attribuisce agli amministratori una discrezionalità assoluta, ma implica una valutazione fondata sulla situazione concreta, secondo principi di razionalità. [ Nella fattispecie, la S.C. confermato la decisione di merito che, nel valutare la responsabilità degli amministratori convenuti in giudizio
ex art. 149 della legge fall. e 2449 c.c., aveva ritenuto che l’appostamento di un recupero crediti non era fondato su di una seria indagine sull’effettiva esperibilità di un’azione legale ].
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