Cass. civ. n. 11002 del 3 novembre 1998

Testo massima n. 1


Per quanto concerne il trattamento di fine rapporto, la L. 29 maggio 1982, da una parte, ha stabilito (art. 1 trasfuso nel secondo comma dell'art. 2120) che, salva diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese; dall'altra, ha sancito la nullità, con conseguente sostituzione di diritto, di tutte le clausole dei contratti collettivi regolanti la materia del trattamento di fine rapporto. Le due disposizioni vanno intese nel senso che, mentre è libera l'autonomia collettiva sia nel determinare l'ammontare della retribuzione, sia nell'individuarne le componenti, resta invece riservato alla legge, in coerenza con le finalità perequative e livellatrici del trattamento di fine rapporto, l'individuazione dell'indennità di fine servizio, con l'esclusione di ogni forma di integrazione ulteriore che non costituendo l'effetto contabile diretto dell'incremento della base retributiva, si pone quale elemento aggiuntivo al trattamento di fine rapporto, già predeterminato per legge, con funzione sostanzialmente uguale. Consegue l'impossibilità per l'autonomia collettiva di introdurre o conservare trattamenti di fine rapporto aventi, sia pure con diversa struttura, una funzione di integrazione o di mera duplicazione del trattamento legale (nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del tribunale che aveva ritenuto l'invalidità degli artt. 38 del Ceni 31 maggio 1989 e 42 del Ceni 12 novembre 1983 degli spedizionieri che contenevano la previsione di una forma di indennità in contrasto con la nuova disciplina del tfr).