13 Mag Prof. Avv. Mario Quinto: negoziatore di contratti e mediatore di controversie
Il Prof. Avv. Mario Quinto è avvocato dal 1974. Dopo uno stage presso la Harvard Law School ha fatto pratica a Londra in materia negoziazione dei contratti e mediazione delle controversie (NEG-MED) presso lo studio internazionale Lovells.
Con il desiderio di diffondere tali materie, si è impegnato nel mondo forense italiano per creare una cultura ad hoc sia per la fase di redazione di contratti efficienti ed efficaci anche nel lungo periodo, che nella fase in cui le parti sono chiamate a risolvere amichevolmente un rapporto già esistente oramai deteriorato.
Nel 1993 ha così fondato il Centro Europeo per lo Studio della Negoziazione Applicata e della Conciliazione Mediata (CESNACOM); nel 1995 ha contribuito a creare il servizio di mediazione di tutte le camere di commercio e nel 2001 quello di tutte le prefetture. E’ professore a contratto di negoziazione e mediazione presso la Pontificia Università Gregoriana, presso l’Università Roma Tre e l’Università di Malta. E’ docente, altresì, in numerosi Master e corsi di formazione.
Consulente di vari ministeri italiani, della Croce Rossa Italiana, dell’International Development Law Organization, dell’Istituto per il Commercio Estero, dell’Istituto Diplomatico alla Farnesina, dell’Arma dei Carabinieri.
Of counsel dello Studio legale Lana – Lagostena – Bassi.
LA FORMAZIONE
Quando si è accorto di essere interessato a tale materia?
A Londra ho scoperto che la professione forense è formalmente divisa in due: barristers che difendono presso le corti e solicitors che creano rapporti di affari (contratti e società).
Subito ho provato un notevole interesse per la negoziazione che è necessario conoscere per creare contratti o per risolvere controversie.
Così ho imparato a distinguere i conflitti (fatto umano, naturale e di per sé neutro) dalle liti (modo traumatico, innaturale e distruttivo) e dall’accordo (metodo naturale e costruttivo).
La mediazione, oggi regolamentata per legge in Italia, in realtà nel mondo è considerata soltanto una negoziazione facilitata dall’intervento di un terzo imparziale per raggiungere un accordo “arricchente” per entrambe le parti senza danneggiare gli interessi della collettività.
Tutto è concettualmente il contrario della transazione classica poiché è un accordo basato sulle reciproche rinunzie, una accordo “impoverente”.
Nel 1993 ho elaborato la teoria della CONSENSUOLOGIA che consiste nell’utilizzare il metodo scientifico (individuazione, verifica, misurazione e riproducibilità del fenomeno) per creare un accordo efficiente (strutturato in modo adatto) ed efficace (eseguito spontaneamente poiché arricchente per entrambe le parti).
Accanto agli studi giuridici tradizionali con uno sguardo fisso al contratto secondo common law, ho studiato in corsi specifici anche sociologia, comunicazione, psicologia, economia, etica e redazione dei contratti che sono alla base della CONSENSUOLOGIA.
Penso, infatti, che il diritto infatti vede il consenso solo dal punto di vista traumatico (es. nato male: vizi del consenso oppure nato bene ma eseguito male: inadempimento).
La CONSENSUOLOGIA, invece, si impegna per fare nascere il consenso in modo che risulti attraente per entrambe le parti, senza toccare gli interessi della collettività e per la classe forense, fidelizzando i clienti di cui diventano dei counsellors, dei consiglieri a tutto tondo per qualsiasi questione.
L’ATTIVITA’ PROFESSIONALE
Dopo il periodo trascorso a Londra, nel 1977 sono diventato inhouse lawyer di un importante gruppo industriale nel quale ho diretto il settore contratti internazionali diventando a 30 anni dirigente. L’esperienza in common law e in negoziazione mi hanno avvicinato alle principali culture del mondo e mi hanno fatto conoscere i diversi modi di concepire le relazioni umane economiche e sociali.
Quella dalla quale ho più appreso è stata la cultura cinese: in essa si propugna la armonia universale per cui la clausola sulle controversie appare un controsenso all’interno di un contratto che per definizione è uno strumento di avvicinamento tra due imprese e quindi tra i due popoli.
Scioltosi il gruppo, mi sono dedicato a tempo pieno all’insegnamento nelle tre università sopra indicate ed alla applicazione del NEG-MED quale of counsel dello studio Lana Lagostena Bassi.
Nella sua carriera ha particolari successi o insuccessi da ricordare?
I successi sono stati due: la creazione del sistema di conciliazione delle camere di commercio e delle prefetture.
L’insuccesso è dato tutt’oggi dalla ostilità della maggioranza degli avvocati verso la mediazione dalla quale si possono ricavare maggiori guadagni ed in minore tempo che non quelli ottenibili dai processi come si verifica nel resto del mondo.
Purtroppo una caratteristica generale di noi italiani è una certa riottosità congenita al cambiamento.
Gli avvocati americani ad esempio su 100 controversie in media il 70% le affrontano in mediazione, il 20% in arbitrato privato (economico) e solo il 10% davanti alle corti statali quando è necessario ottenere un “precedente”.
Come si svolge al sua giornata tipo?
Alle sei del mattino a casa mi metto a creare le slides necessarie per le lezioni del giorno.
Al mattino tengo lezione o mediazioni.
Al pomeriggio mi dedico alla contrattualistica.
Per il suo lavoro usa la tecnologia? Quali strumenti adopera?
Ho imparato dattilografia quando avevo 16 anni su una “lettera 32” quindi so battere documenti al computer portatile in modo molto rapido.
Sono un fanatico delle ODR ossia della negoziazione automatica e della mediazione attuata on line nonché dei corsi di formazione on line che consentono ai professionisti di partecipare alle procedure NEG-MED in diretta senza muoversi dal proprio studio davanti al proprio computer.
Da quando sono responsabile scientifico della società IFOAP, che dispone di una delle piattaforme digitali più potenti sul mercato italiano, questi servizi hanno raggiunto una qualità video ed audio che rasentano la perfezione dando all’utente l’impressione della reale presenza dell’interlocutore e ciò anche in occasione di otto contatti contemporanei.
Ormai porto ovunque con me il computer portatile poiché i vantaggi in termini di tempo, di costi, di rapidità e di realizzo sono entusiasmanti. La tecnologia dell’imminente incalza e presto le nuove soluzioni tablet entreranno nella mia professione ad integrazione dell’inseparabile smartphone.
E’ membro di associazioni forensi?
Di due associazioni di mediatori, una inglese il CPR ed una americana gli ex alumni della scuola di diritto di Harvard sulla progettazione della negoziazione.
Per quali ragioni lei ritiene che conoscere le tecniche della negoziazione di parte possa essere utile nell’ambito forense?
Per tre ragioni fondamentali.
La prima è di natura culturale ed economica: oggi con la globalizzazione e con internet i contatti si sono moltiplicati e di conseguenza anche gli affari, fermo restando la necessita colletiva di adeguarsi “mentalmente” ai cambiamenti.
Si può guadagnare di più con l’attività contrattuale ed autonoma che non con quella processuale che dipende dalla organizzazione della struttura pubblica della amministrazione giudiziaria.
Forse è arrivato il momento di riparlare del patto di quota lite se l’avvocato è capace di “creare ricchezza sul tavolo” (Harvard).
La seconda ragione è tecnica: negoziare un contratto non ha nulla a che fare con il diritto dei contratti. E’ come se si confondesse l’arbitro di calcio (che sanziona chi viola le norme) con l’allenatore (che facilita l’armonia per ottenere i risultati).
La terza, infine, è strutturale per la partecipazione alla mediazione come consulente accanto al cliente: chi si comporta come un processualista crea un danno al proprio cliente ed alla collettività. Esistono delle ricerche di università straniere che sconsigliano di investire in Italia proprio per l’elevato tasso di litigiosità e per la disorganizzazione del sistema giudiziario tanto che la Banca Mondiale ha collocato l’Italia al 158° posto nel mondo sui 180 paesi considerati…
Anche questa valutazione è una forma di rating!
Oggi con la globalizzazione e con internet, che hanno creato una sorta di neo lex mercatoria basata sul confronto immediato e su scala mondiale, anche la funzione del diritto va confrontata con la funzione delle altre discipline….altro che “dura lex sed lex”.
Il mancato accordo deve convivere con il principio attuale per cui oggi non è vero che “res inter alios acta tertio neque prodest neque nocet”: tutti dipendiamo da tutti e il danaro ha un senso solo se circola.
Della mancata conciliazione ne subiscono le conseguenze anche i fornitori e i familiari della parte.
In quale settore lei pensa che la mediazione possa essere più utile al professionista?
Chi non ha problemi da risolvere?
In qualsiasi settore è utile a patto che sia condotta da un mediatore terzo imparziale e da negoziatori di parte realmente preparati magari attraverso un master all’estero in NEG-MED.
Ho proposto di recente al Consiglio Nazionale Forense di istituire dei corsi di pura negoziazione dei contratti per far comprendere la importanza e la utilità di tale materia.
Non è vero che “ubi remedium ibi jus”: un contratto svolge la sua naturale funzione economico sociale se è efficiente e non già solo fonte di obbligazioni ma anche e, sopratutto, di soddisfazioni (altrimenti perché accordarsi?) ed efficace tanto da motivare le parti fino ad esaltare il desiderio della sottoscrizione.
Per contro, la prassi quotidiana poco esalta le suddette doti le quali – se poste al centro del negozio – fanno si che l’accordo funzioni poichè tutte le parti percepiscono nello scambio delle prestazioni l’effettiva possibilità di ottenere maggior valore da ciò che ricevono rispetto al valore di cui si privano. Questa è la vera negoziazione, non una sorta di manipolazione ammaliatrice…
Molti dicono di esserci portati naturalmente: può essere vero però; anche i piloti di formula uno sono andati a scuola per apprendere i primi rudimenti… solo dopo hanno capito di essere “portati”… non prima!
IL RAPPORTO CON LA CLIENTELA
Oggi cosa si aspettano le imprese dalla gestione degli inevitabili stalli o conflitti che possono sorgere durante o durante le trattative o durante i loro rapporti di affari?
Ovviamente la negoziazione di contratti nuovi o la mediazione delle controversie già insorte sono sempre utili non solo per motivi di tempo e di costi ma anche e soprattutto per recuperare una relazione che si sia deteriorata e per ricreare la situazione che si sia danneggiata.
Il rimedio classico del risarcimento del danno, infatti, non risponde alla richiesta di “restitutio in pristinum” poiché sposta la cura e il rischio della procedura sulla parte che ha subito il danno.
Nel caso scolastico di un incidente automobilistico (non truffaldino), perché la parte vittoriosa deve scegliere il carrozziere? E se incappa in un artigiano incapace? Su chi incombe la organizzazione e l’alea della “restitutio in pristinum?”
AI GIOVANI
Che consigli dare ad un giovane avvocato che voglia specializzarsi in negoziazione e mediazione?
Nel mondo si è ormai consolidato il c.d. Diritto Collaborativo nel senso che le parti si impegnano a creare accordi in quanto vantaggiosi per tutti e a risolvere le eventuali controversie attraverso accordi di nauta creativa trasformando un conflitto in una opportunità e non in una lite. I conflitti sono inevitabili, le liti sono da evitare, gli accordi efficienti sono da preferire……
In altri termini vedo la negoziazione e la mediazione il diritto del domani e lo vedo tassativamente nel senso che i giovani che non saranno capaci di entrare in tale circuito ne rimarranno esclusi.
L’Italia già ora non è al passo con il confronto globale (v. la concorrenza industriale delle industrie asiatiche) e con le trattative concluse in decimi di secondo (v. le transazioni in borsa).
Questi due settori sono un esempio lampante di quanto possano essere esasperate le tecniche di negoziazione e di conciliazione.
In Italia non c’è nessuna facoltà di giurisprudenza che insegni la cultura del creare consenso efficiente ed efficace come avviene nel resto del mondo.
OLTRE IL LAVORO
Il doppio lavoro professionale e scientifico mi lascia poco spazio.
Si è ridotto quasi allo zero poichè preso dalla redazione del mio primo ed ultimo manuale intitolato “ACCORDARSI E’ COSA DIVERSA DA LITIGARE” sottotitolo “manuale di consensuologia”.
Nell’opera voglio presentare i principi di negoziazione e di mediazione in modo del tutto innovativo, come materia scientifica a se stante. Meglio, cerco di dimostrare che la ricerca del consenso efficiente ed efficace mette in discussione molti principi tradizionali che ormai devono essere rivisti alla luce della globalizzazione e di internet che hanno fatto saltare le due dimensioni eterne dello spazio e del tempo.
Gli stessi concetti di pace e di punizione sono da rivedere in quanto la pace deve essere anche produttiva e non imposta con le armi e la punizione deve servire al reinserimento e non alla emarginazione.
Altrimenti lo sfruttamento abusivo di qualsiasi tipo genera frustrazione disperata le cui reazioni possono essere drammatiche ed imprevedibili. Nessuno può dirsi troppo lontano o al sicuro come purtroppo la storia degli ultimi anni conferma.
Mi sia consentita una considerazione finale.
La giustizia non funziona per l’abuso che se ne fa: all’ospedale non si può essere ricoverati sempre per qualsiasi ragione. Al pronto soccorso hanno istituito all’ingresso il triage con i quattro codici colore.
Accesso alla Giustizia con la “G” maiuscola significa portare all’esame del giudice solo i casi caratterizzati da reale incertezza giuridica e non trasformare il tribunale in una sorta di strumento finanziario per ritardare i pagamenti dovuti. L’abuso del diritto è un modo di non fare giustizia lì dove ce n’è reale bisogno.
Forse siamo arrivati alla necessità di usare il triage anche davanti ai tribunali e uso questo portale per lanciare l’idea che tutte le domande processuali siano caratterizzate dai quattro codici colore in ragione delle probabilità di accoglimento con l’effetto di fissare delle velocità procedurali e sanzioni pecuniarie. Con internet creare un tale sistema dovrebbe essere agevole. Come mai è caduto in disuso l’art. 96 cpc? Qualcuno dovrebbe farsene carico…
La considerazione è filosofica: vogliamo l’approccio cooperativo e stare tutti meglio oppure l’approccio distributivo e fare in modo che ciò che guadagna l’uno è ciò che perde l’altro?
So che la prima opzione è più difficile: ma è meglio cambiare o lasciare in Italia tutto come sta mentre il mondo cambia?
Con la mediazione tutti ci possono guadagnare, soprattutto i professionisti.
Basta cambiare punto di visione, ad esempio, in merito al modo di costruire la propria parcella…
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