06 Apr IVA dichiarata e non versata, doppia sanzione: tributaria e penale
I reati di omesso versamento dell’Iva non si pongono in rapporti di specialità rispetto alle analoghe violazioni tributarie, con la conseguenza che, verificandosi il superamento della soglia di punibilità (50.000 euro), possono applicarsi entrambe le sanzioni, questo è quanto affermato dai supremi giudici della Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, nella sentenza n. 37424 del 2013.
Però, prima di analizzare il reato sotto l’aspetto penale (che può portare a condanna con la reclusione da sei mesi a due anni) e le relative sentenze in merito, è opportuno trattare la questione tributaria per evincerne la sanzione.
QUESTIONE TRIBUTARIA
Ai sensi dell’art.13,comma 1,del D.Lgs n.471 del 1997 “ chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’ imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorchè non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione degli errori materiali e di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile”. La sanzione del 30% è dunque prevista a carico di chi non esegue i versamenti d’imposta risultanti dalla dichiarazione. Accade però che taluni uffici applichino detta imposta anche quando non si discute di omesso versamento di imposte dichiarate, ma di omessa dichiarazione, omessa fatturazione ed omessa registrazione di operazioni imponibili: ipotesi cioè che attengono alla fase di accertamento, non a quella della riscossione del tributo. La sanzione per omesso versamento viene pertanto irrogata nei confronti di contribuenti che, avendo omesso di dichiarare fatture o registrare determinate operazioni, non abbiano emesso nessuna imposta a riguardo: si pensi ,ad esempio, all’ imprenditore che non registri né fatturi operazioni imponibili, o al sostituto che non effettui né dichiari ritenute d’ acconto.
In questi casi deve recisamente escludersi l’applicazione dell’art.13 del D.lgs n.471 del 1997. La norma è collocata nel titolo II del decreto, che regola le sanzioni in materia di riscossione e ciò conferma, al di là del suo inequivoco tenore letterale, che essa non è applicabile quando venga in discussione il presupposto dell’ obbligazione tributaria, che riguarda, appunto, l’accertamento e non la riscossione del tributo.
All’accertamento di una omessa fatturazione o di una omessa ritenuta d’acconto non può seguire l’irrogazione per omesso versamento, che presuppone invece l’ esistenza di un’imposta dichiarata: dichiaro 100 e non verso, o verso in ritardo, o soltanto in parte. Mentre, se dichiaro e verso 100, il versamento che dichiaro risulta congruo, salvo verificare l’ eventuale infedeltà della dichiarazione. Questi principi trovano conferma in giurisprudenza o nella stessa prassi amministrativa.
In una fattispecie di omesso versamento dell’ Iva, la Corte di Cassazione, sentenza del 17 gennaio 2002 n.450 (in Rivista Giuridica Tributaria del 2002 n.949) ha affermato infatti che la riscossione dell’ imposta presuppone necessariamente la (auto) liquidazione dell’ Iva da parte del soggetto passivo; in altri termini, il versamento dell’iva imposto dalla legge riguarda l’imposta già determinata e liquidata al soggetto passivo.
Quindi, la giurisprudenza, di merito ha dichiarato che l’omesso versamento va riferito alle ipotesi di imposte dichiarate e non versate e non anche all’ ipotesi di imposte non dichiarate, e quindi formalmente da non versare.