12 Mar Disposizioni testamentarie a titolo universale ed a titolo particolare
Le disposizioni testamentarie possono essere a titolo universale o a titolo particolare. Si è in presenza del primo caso, e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore.
Diversamente, le disposizioni si intendono a titolo particolare.
Talvolta risulta difficile distinguere le due forme di successione sopra menzionate. Nella prassi, infatti, la linea di demarcazione tra istituzione di erede e legato è molto sottile, soprattutto qualora si tenga conto del fatto che occorre attribuire significato ad un negozio giuridico, quale è il testamento, senza che l’autore di esso possa offrire alcun ausilio all’interprete.
Il Codice Civile, prevede che un soggetto sia successore a titolo universale sia quando subentra nell’universalità dei beni del de cuius, sia quando vengono attribuiti allo stesso singoli ed individuati beni, intesi, però, dal testatore come quota parte del suo patrimonio. Ogni volta, invece, che il conferimento al successore di beni determinati non è accompagnato dalla volontà del testatore di collocare tale soggetto nella medesima posizione di diritto propria del de cuius, seppure limitatamente ad una porzione dell’asse ereditario, si avrà una successione a titolo particolare.
In particolare, l’art. 588 c.c. prescrive che “Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario.
L’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio.”
La Cassazione Civile (sentenza n. 3016 del 2002, sentenza n. 13835 del 2007) ha disposto che “in materia di distinzione tra erede e legatario, l’assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell’art. 588 cod. civ. come disposizione ereditaria (institutio ex re certa), qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato, se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni. L’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi,si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici di merito, ed è quindi, incensurabile in sede di legittimità se conseguentemente motivato…”.
L’erede quindi subentra nell’intero patrimonio o in una quota di esso (per esempio un terzo o un diciottesimo), comprendente sia rapporti attivi che passivi.
Il legatario invece acquista diritti patrimoniali specifici (es. un immobile, una somma di denaro) e non risponde dei debiti ereditari.
Quando oggetto del legato è un bene specifico presente nella massa ereditaria, i diritti connessi al legato si trasmettono al beneficiario automaticamente, al momento dell’apertura della successione, ma deve essere richiesta all’erede la consegna del bene costituente il legato.
Se nel testamento i termini “eredità” e “legato” sono usati impropriamente, la sostanza prevale sulla forma: contano cioè le reali volontà del testatore.
Il legato è soggetto all’azione di riduzione se il testatore non ha rispettato le quote di riserva ( o di legittima), disponendo oltre la quota di legittima.
Tutti i beneficiari di un testamento, siano essi eredi o legatari, devono essere determinati o facilmente determinabili (art. 628 c.c. “è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata”).