10 Gen Art. 1398 — Rappresentanza senza potere
Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 10600/2016
L’azione che tende a far dichiarare l’inefficacia del negozio nei riguardi del preteso rappresentato non è soggetta alla prescrizione quinquennale prevista dall’art. 1442 c.c., che colpisce solo l’azione di annullamento, ed è invece imprescrittibile.
Cass. civ. n. 3787/2012
In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente.
Cass. civ. n. 3364/2010
Nei contratti formali, per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, il principio dell’apparenza del diritto non può trovare applicazione rispetto alla rappresentanza, atteso che per i suddetti contratti sussiste un onere legale di documentazione della procura, dalla cui mancanza si deve dedurre l’esistenza di una colpa inescusabile dell’altro contraente.
Cass. civ. n. 23708/2008
In tema di rappresentanza, il principio dell’apparenza del diritto può essere invocato anche dal beneficiario di un contratto a favore di terzi. Ed invero, nel momento in cui dichiara di voler approfittare della stipulazione in suo favore, il terzo subentra nella stessa posizione dello stipulante, quanto alla validità ed all’efficacia della prestazione promessa in suo favore, potendogli essere opposte tutte le eccezioni di invalidità del contratto che potrebbero essere opposte allo stipulante e potendo egli paralizzare tali eccezioni sulla base delle medesime circostanze che potrebbe invocare lo stipulante, per tener fermi gli effetti del contratto, sicché, negando al terzo la possibilità di invocare il detto principio, si configurerebbe, in suo favore, un diritto “claudicante” e, comunque, minore di quello spettante allo stipulante, che eroga la sua prestazione in vista di una contropromessa giuridicamente completa nei suoi effetti, pur se destinata ad altri. (Principio affermato in relazione ad una polizza cauzionale stipulata con un rappresentante senza poteri dall’appaltatore su richiesta del committente e a favore di questi).
Cass. civ. n. 23199/2004
L’art. 1398 c.c., nel riconoscere la responsabilità del falsus procurator verso il terzo incolpevole, con il quale ha contrattato senza avere i poteri rappresentativi, dà rilievo soltanto alla posizione soggettiva del terzo contraente, che per ottenere il risarcimento del danno deve provare di avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto, mentre prescinde totalmente dal considerare la posizione soggettiva del falsus procurator, del quale, pertanto, resta irrilevante accertare l’intenzionalità o il dolo, ovvero la colpa nella causazione del danno. Una volta ravvisato il presupposto soggettivo per il risarcimento in capo al terzo rimane, d’altro canto, esclusala possibilità di configurare, agli effetti dell’art. 1227 c.c., un concorso del fatto colposo del terzo stesso, giacché, il concorso del fatto colposo del creditore è ontologicamente inconciliabile con le situazioni — come quella di cui alla norma dell’art. 1398 —nelle quali operi il principio dell’apparenza del diritto, espressione del più — generale principio dell’affidamento incolpevole, in quanto l’esistenza di un comportamento colposo del terzo impedirebbe di ravvisarne l’affidamento incolpevole.
Cass. civ. n. 204/2003
In tema di rappresentanza, l’applicabilità del principio dell’apparenza del diritto richiede che il rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che al rappresentante apparente fosse stato effettivamente conferito il relativo potere e che il terzo abbia in buona fede fatto affidamento sulla esistenza di detto potere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva riconosciuto efficacia interruttiva della prescrizione di un credito vantato nei confronti di una società assicuratrice avente la veste di società in accomandita semplice, alla richiesta di indennizzo consegnata al socio accomandante di una società in accomandita semplice, che rivestiva la qualità di agente della società assicuratrice, il quale aveva stipulato il contratto di assicurazione e gestito il relativo rapporto).
Cass. civ. n. 11453/1998
Mentre la responsabilità del falsus procurator nei confronti del terzo contraente incolpevole è espressamente disciplinata dall’art. 1398 c.c., nessuna espressa disposizione contempla la responsabilità del terzo contraente nei confronti dello pseudo rappresentato, ingiustamente danneggiato dalla stipulazione del contratto a suo falso nome, donde l’applicabilità, a tale diverso rapporto, del generale divieto di neminem laedere, di cui all’art. 2043 c.c., con conseguente previsione della necessità dell’accertamento del dolo o della colpa, accertamento che costituisce questioni di fatto, come tale demandata al giudice di merito, e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivata.
Cass. civ. n. 6488/1997
I negozi stipulati, in rappresentanza di altri, da chi non abbia il relativo potere, sono privi di ogni efficacia come tali, potendo acquistarla soltanto in seguito all’eventuale ratifica da parte dell’interessato, ed esclusivamente nei confronti di quest’ultimo. Quanto al vincolo che si costituisce fra il falsus procurator ed il terzo contraente esso è limitato alla responsabilità di natura aquiliana dell’uno, per il danno sofferto, dall’altro, per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto, il quale — pertanto — di per sé è del tutto inefficace, salva l’eventualità della ratifica da parte dell’interessato. Quanto poi alla prevista necessità del consenso del falsus procurator, ai fini della risoluzione consensuale del negozio, essa si rende del tutto conseguenziale al principio per cui il «mutuo dissenso», come actus contrarius, deve provenire dagli stessi originari contraenti; ma il vincolo che esso scioglie non è un rapporto contrattuale che possa essere sorto fra loro, bensì la situazione di soggezione in cui versa il terzo, a fronte del potere di ratifica che compete all’interessato.
Cass. civ. n. 4258/1997
Il negozio concluso dal falsus procurator non è nullo e neppure annullabile, ma inefficace nei confronti del dominus fino alla ratifica di questi; tale inefficacia (temporanea) non è rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione dello pseudo rappresentato, non dell’altro contraente, al quale compete eventualmente solo il risarcimento del danno per avere confidato senza colpa nell’operatività del contratto.
Cass. civ. n. 9061/1995
Il contratto di natura privatistica stipulato dal legale rappresentante dell’ente pubblico in difetto dell’atto deliberativo dell’organo competente (ratifica) è assimilabile al negozio concluso dal falsus procurator ed è soggetto alla relativa disciplina (artt. 1388, 1398, 1399 c.c.). Nel suddetto contratto, la fattispecie soggettivamente complessa a formazione progressiva si perfeziona con la ratifica, senza la quale il negozio non è idoneo a produrre effetti nella sfera dello pseudo rappresentato ed il terzo contraente non ha titolo per esercitare nei confronti di quest’ultimo l’azione di inadempimento, che presuppone l’esistenza di un contratto valido ed efficace tra le parti — né può richiedere il pagamento di una penale, che si ricollega ad una responsabilità prettamente contrattuale — ma può solo invocare la responsabilità del falsus procurator per culpa in contrahendo ex art. 1398 c.c., assimilabile a quella precontrattuale (e limitata al c.d. interesse negativo).
Cass. civ. n. 10709/1991
Il principio dell’apparenza del diritto può invocarsi in tema di rappresentanza solo in presenza di elementi obiettivi atti a giustificare l’opinione del terzo che contratta con il falsus procurator in ordine alla corrispondenza fra la situazione apparente e quella reale. Tale opinione deve essere ragionevole e cioè non determinata da un comportamento colposo del terzo medesimo, il quale non attenendosi ai dettami della legge o a quelli della normale diligenza trascuri di accertarsi della realtà facilmente controllabile e si affidi invece alla mera apparenza incorrendo in errore. L’accertamento degli elementi richiesti perché possa attribuirsi rilevanza giuridica del merito apparente, rientra nei compiti istituzionali del giudice del merito il cui apprezzamento è sottratto al sindacato di legittimità, qualora sia immune da vizi logici e giuridici.
Cass. civ. n. 8831/1990
La responsabilità risarcitoria del falsus procurator, di cui all’art. 1398 c.c., postula la conclusione di un contratto (idoneo a produrre effetti in capo al rappresentato a seguito di ratifica da parte del medesimo), e, pertanto, nel caso di preliminare di compravendita immobiliare, non è configurabile rispetto ad accordi carenti della dovuta forma scritta (artt. 1350 n. 1 e 1351 c.c.).
Cass. civ. n. 1841/1990
L’istituto della rappresentanza apparente — non espressamente codificato e da iscrivere, quindi, nelle ipotesi di cosiddetta apparenza colposa (o atipica), rinvenibile allo stato latente nel sistema, quale espressione del principio di autoresponsabilità — può essere utilmente invocato dal terzo che abbia ragionevolmente confidato nella situazione apparente solo se il suo errore (scusabile) sia imputabile (anche o solo) all’apparente rappresentato, per avere quest’ultimo posto in essere (pur se non preordinatamente) un comportamento oggettivamente idoneo ad ingenerare nella collettività il convincimento incolpevole, che egli abbia effettivamente conferito all’agente il potere di rappresentarlo.
Cass. civ. n. 2468/1988
Nel caso in cui un soggetto, qualificandosi, senza esserlo, rappresentante di un altro, assuma per quest’ultimo l’obbligo di concludere un contratto, la responsabilità risarcitoria del primo quale falsus procurator, per l’inefficacia del contratto preliminare concluso senza potere rappresentativo, non trova limite nell’obbligo eventualmente assunto in proprio dal medesimo di corrispondere al terzo contraente una determinata somma per l’ipotesi di mancata conclusione del contratto definitivo, configurandosi la relativa pattuizione come clausola penale accedente ad una autonoma promessa del fatto di un terzo ed idonea, pertanto, a limitare solo la responsabilità risarcitoria (di natura contrattuale) ex art. 1381 c.c. e non anche la responsabilità ex art. 1398 c.c., la quale ha natura extracontrattuale ed è insuscettibile di predeterminazione ai sensi dell’art. 1382 dello stesso codice.
Cass. civ. n. 9485/1987
Il principio posto nell’art. 1398 c.c. secondo cui degli atti posti in essere dal falsus procurator risponde esclusivamente costui a titolo di danno nell’ipotesi in cui il terzo abbia confidato senza sua colpa nella sussistenza in capo al medesimo del potere rappresentativo, non trova applicazione in caso di rapporto organico, atteso che l’attività dell’organo, tranne eccezioni ben determinate (attività assolutamente nulla, attività dell’organo incompetente nei confronti di un terzo in malafede, attività non riferibile all’ente) si configura giuridicamente quale attività dell’ente stesso, compresa quella compiuta dall’organo fuori dei limiti delle sue attribuzioni, ove il terzo nei cui confronti è stata compiuta non l’abbia, senza sua colpa e malgrado l’uso dell’ordinaria diligenza, rilevato.
Cass. civ. n. 6244/1981
La tutela dell’apparenza del diritto — che è da escludere, per l’inescusabilità della colpa, allorché la situazione reale avrebbe potuto essere agevolmente accertata con una condotta ispirata all’ordinaria diligenza nell’attività negoziale — ben può essere invocata allorché l’affidamento del terzo riguardi il mandato a compiere negozi per i quali la forma scritta sia prevista ad probationem, giacché in tal caso, a differenza dell’ipotesi in cui per l’atto da compiere sia richiesta la forma scritta ad substantiam,
non sussiste un onere legale di documentazione della procura e, quindi, una colpa inescusabile di colui che contrae con il falsus procurator.
Cass. civ. n. 1756/1977
La responsabilità del falsus procurator, prevista dall’art. 1398 c.c. verso il terzo contraente che abbia senza colpa confidato nella efficacia del contratto, è rivolta a risarcire il contraente medesimo nei limiti del cosiddetto interesse negativo (attività espletata nelle trattative, spese sostenute, perdute occasioni di concludere altri contratti, ecc.), e non anche del danno derivante dal mancato adempimento del rappresentato, la cui configurabilità presupporrebbe l’esistenza di un contratto efficace. Pertanto, al fine di escludere la ricorrenza di detta responsabilità, non può aver alcun rilievo la circostanza che le obbligazioni contrattuali dei rappresentato (nella specie, promessa di vendita di un appartamento), ove efficaci, non sarebbero state adempiute, a causa d’impossibilità sopravvenuta (nella specie, per rifiuto di licenza di costruzione).
Cass. civ. n. 4581/1976
La responsabilità di chi abbia contratto come rappresentante senza poteri, prevista dall’art. 1398 c.c., configura un’ipotesi di culpa in contrahendo ed ha natura extracontrattuale, essendo fondata su di un comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede, che si traduce in fatto illecito, produttivo di danno, nel momento della stipulazione del negozio inefficace. Il perfezionamento di tale illecito non richiede il rifiuto di ratifica da parte del dominus, in quanto il sopraggiungere di detta ratifica può operare solo come causa di esclusione della responsabilità del falsus procurator, sempre che il terzo contraente non abbia già subito danni. Pertanto, sulle somme che il rappresentante senza poteri abbia ricevuto dal terzo contraente all’atto della stipulazione del contratto (nella specie, a titolo di caparra), e debba restituire al contraente medesimo a titolo di responsabilità ai sensi dell’art. 1398 c.c., il giudice deve riconoscere gli interessi compensativi con decorso dalla data di corresponsione delle somme stesse, quale momento di consumazione del fatto illecito e procedere anche d’ufficio alla rivalutazione di tali somme a titolo di svalutazione monetaria.
Cass. civ. n. 3422/1971
Per aversi responsabilità del falso procuratore il quale abbia indotto un terzo a contrattare confidando nella validità del contratto da lui concluso in nome di altri senza averne i poteri, occorre che il convincimento del terzo sia frutto di errore immune da colpa. È bensì vero che il terzo contraente ha soltanto la facoltà ma non l’obbligo di controllare se colui che si qualifica procuratore sia veramente tale, e che perciò il non aver fatto uso di tale facoltà non è di per sé sufficiente per costituire in colpa il terzo stesso; ma tale comportamento omissivo diventa colposo quando concorrano altri elementi; e un elemento in tal senso è la possibilità di controllare, attraverso i mezzi di pubblicità prescritti dalla legge, i reali poteri del sedicente rappresentante, anziché affidarsi alla mera apparenza.
Cass. civ. n. 2292/1971
Perché si abbia falsus procurator non basta contrattare nel nome e nell’interesse altrui, ma occorre che si contratti «come rappresentante», cioè facendo apparire che si abbiano i relativi poteri, mentre questi mancano o sono più limitati di quelli dichiarati; sicché ove nell’indicare la propria legittimazione al negozio si dichiari come limiti questa la ratifica, implicitamente si esclude che nel negozio si intervenga «come rappresentante», onde si resta fuori dalla fattispecie del falsus procurator, con la conseguenza che non è applicabile la disciplina del contratto da costui concluso.
Cass. civ. n. 1844/1971
L’art. 1398 c.c. secondo cui il rappresentante che ha ecceduto i limiti delle facoltà conferitegli è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto rappresenta un principio generale applicabile in ogni tipo di rappresentanza, anche a quella derivante da un rapporto organico. Pertanto è personalmente responsabile nei confronti del terzo l’amministratore di una società di capitali, che, agendo oltre i limiti dei poteri risultanti dall’atto costitutivo o dallo statuto della società, abbia cagionato un danno a chi abbia fatto ragionevole affidamento sull’esistenza dei suoi poteri rappresentativi.
Cass. civ. n. 3596/1969
Il rappresentante senza poteri che ponga in essere un atto unilaterale di remissione di debito incorre nella stessa responsabilità che l’art. 1398 c.c. prevede a suo carico nell’ipotesi che abbia contrattato nei confronti dell’altro contraente, il quale, confidando nella validità della remissione, non abbia pagato il debito alla scadenza e sia stato poi costretto a pagarlo maggiorato da interessi al tasso convenzionalmente stabilito. (Nella specie, il debitore era stato costretto a pagare, in unica soluzione, il capitale e otto annualità di interessi al tasso dell’8,50 per cento).
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