Art. 1267 – Codice civile – Garanzia della solvenza del debitore
Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia. In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto; deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, e risarcire il danno [19 l. camb.]. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto [1418].
Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15080/2018
La cessione di credito, stipulata in occasione di un finanziamento, assume funzione di garanzia atipica, paragonabile nei suoi effetti a quella tipica prevista dalla legge nei casi consimili di pegno di crediti. Qualora, dopo la cessione "pro solvendo" del credito, si verifichi il fallimento del cedente, il credito trasferito al cessionario, il quale, in relazione alla garanzia della solvenza, è tenuto ad escutere in primo luogo il debitore ceduto ex art. 1267, comma 2, c.c., è trattato nei confronti del fallito alla stregua di un credito condizionale, a tenore dell'art. 55, comma 3, l. fall., sicché, ai sensi dell'art. 95, comma 2, l. fall., esso deve essere ammesso al passivo con riserva, con conseguente obbligo di accantonamento, nella distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo fallimentare, delle quote assegnate al creditore.
Cass. civ. n. 3469/2007
La cessione del credito in luogo dell'adempimento, prevista all'art. 1198 c.c., non comporta l'immediata liberazione del debitore originario, la quale consegue solo alla realizzazione del credito ceduto, ma soltanto l'affiancamento al credito originario di quello ceduto, con la funzione di consentire al creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest'ultimo credito; all'interno di questa situazione di compresenza, il credito originario entra in fase di quiescenza, e rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il creditore può rivolgersi al debitore originario. Ne consegue che finché non è esigibile il credito ceduto pro solvendo tale non è nemmeno il credito originario; mentre quando quest'ultimo diviene esigibile, non per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso l'onere della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore ceduto, stante il rinvio operato dall'art. 1198, secondo comma, c.c. Ne consegue ulteriormente che, non essendovi estinzione del debito originario — con trasformazione novativa in obbligazione accessoria di garanzia del debito ceduto —, ma rimanendo in vita entrambi i debiti, con impossibilità di chiedere al cedente l'adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa escussione del debitore ceduto, solo da tale momento, in conformità con il principio posto all'art. 2935 c.c., inizia a decorrere la prescrizione relativa al debito ceduto.
Cass. civ. n. 2110/2000
In tema di cessione del credito pro solvendo, la garanzia del cedente per mancata realizzazione del credito da parte del cessionario è condizionata alla dimostrazione, da parte di quest'ultimo, dell'adempimento dell'onere di cui all'art. 1267 c.c. (richiesta di pagamento di quanto dovuto al debitore ceduto, o quantomeno, dimostrazione della totale inutilità delle istanze di pagamento, attesa la notoria insolvenza del debitore al momento della cessione).
Cass. civ. n. 7018/1999
In tema di cessione del credito, non integra gli estremi della violazione dell'obbligo di diligenza cui all'art. 1267, secondo comma, c.c. (diligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto) la mancata espressione di un voto favorevole, da parte del cessionario, all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, onde evitarne il fallimento, e la conseguente insolvibilità del credito ceduto (nella specie, ceduto un credito ad un istituto bancario, il cedente aveva lamentato che quest'ultimo, chiamato ad esprimere il proprio voto in merito all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, avesse omesso di manifestarlo, con ciò causando la dichiarazione di fallimento del debitore: la S.C., dopo aver rilevato, in fatto, che la natura della cessione — pro solvendo — escludeva qualsiasi questione in ordine alle garanzie dovute dal cedente diverse da quella concernente la veritas nominis, ha incidenter tantum enunciato il principio di diritto di cui in massima).