Art. 315 bis – Codice civile – Diritti e doveri del figlio

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 12223/2024

In tema di adozione del minore d'età, l'art. 27, comma 3, della l n. 184 del 1983, riguardante gli effetti dell'adozione piena o legittimante, non esclude che il giudice possa valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine, attenendo la necessaria ed inderogabile recisione dei rapporti parentali esclusivamente al piano delle relazioni giuridico formali. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).

Cass. civ. n. 10278/2024

In tema di adozione del minore d'età, la decisione del giudice di consentire, ove sia conforme all'interesse del minore, il mantenimento dei rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia d'origine deve essere accompagnata da un'adeguata informazione e preparazione del nucleo familiare adottante, affinché comprenda la ragione della scelta della non recisione dei rapporti e la necessità di un adeguamento psicologico e pratico alla diversa modulazione della filiazione adottiva, seppur piena e legittimante.

Cass. civ. n. 2536/2024

In tema di contributo al mantenimento dei figli, che si caratterizza per la sua bidimensionalità, da una parte, vi è il rapporto tra i genitori ed i figli, informato al principio di uguaglianza, in base al quale tutti i figli - indipendentemente dalla condizione di coniugio dei genitori - hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni; dall'altro, vi é il rapporto interno tra i genitori, governato dal principio di proporzionalità, in base al quale i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, valutando altresì i tempi di permanenza del figlio presso l'uno o l'altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, nel confermare la statuizione di primo grado sul contributo al mantenimento per i figli, non aveva ponderato alcun elemento concreto per verificare il principio di proporzionalità, non prendendo in considerazione nè le condizioni reddituali e patrimoniali del padre dei due figli, né il fatto che la madre degli stessi, priva di redditi e di cespiti patrimoniali, percepisse dall'ex marito un assegno divorzile con funzione assistenziale).

Cass. civ. n. 437/2024

Nei procedimenti minorili, l'audizione del minore non costituisce adempimento da eseguire in via automatica ad ogni istanza, reiterata nel grado d'appello o nelle fasi endoprocedimentali della modifica e revoca dei provvedimenti adottati, ove sia stata già disposta ed eseguita, non essendo l'ascolto del minore un atto istruttorio o burocratico, ma l'esercizio di un diritto, sottratto alla disponibilità delle parti e garantito dal giudice, il quale è tenuto a rendere una motivazione esplicita e puntuale soltanto in caso di totale omissione dell'ascolto o di richiesta in tal senso proveniente dal curatore speciale del minore, quale rappresentante del titolare del diritto, potendo il diniego alle richieste di rinnovo, fuori dalle ipotesi sopra indicate, essere anche implicito.

Cass. civ. n. 34950/2022

Ai fini del risarcimento del danno subito dal figlio in conseguenza dell'abbandono da parte di uno dei genitori, occorre che quest'ultimo non abbia assolto ai propri doveri consapevolmente e intenzionalmente o anche solo ignorando per colpa l'esistenza del rapporto di filiazione. La prova di ciò può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi, da valutarsi, non atomisticamente, ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno di essi, quand'anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, può rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che aveva escluso l'elemento soggettivo della menzionata responsabilità, limitandosi a negare l'esistenza di sufficienti indizi circa la conseguita consapevolezza da parte del padre della propria paternità subito dopo la nascita del figlio, sulla base della ritenuta inattendibilità della testimonianza della madre, non adeguatamente motivata e senza valutare plurimi elementi indiziari, quali la certezza di un rapporto sessuale non protetto avvenuto tra i genitori in epoca compatibile con il concepimento, la vicinanza tra le abitazioni di questi ultimi, situate in un piccolo paese, e la continuazione della frequentazione del ristorante paterno da parte della madre anche durante la gravidanza).

Cass. civ. n. 16410/2020

In generale i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; essi sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori. La tutela del minore, in questi giudizi, si realizza mediante la previsione che deve essere ascoltato, e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il suo mancato ascolto, quando non sia sorretto da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, tale da giustificarne l'omissione. (La S.C. ha dettato il principio in giudizio nel quale i nonni del minore, che domandavano di essere ammessi ad incontrarlo, avevano contestato la nullità della sentenza a causa della mancata nomina di un difensore del minore, critica respinta, e della sua mancata audizione, censura che è stata invece accolta, con rinvio al giudice dell'appello).

Cass. civ. n. 19779/2018

Gli ascendenti hanno sì il diritto, previsto dall'art. 317-bis c.c., di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ma tale posizione soggettiva è piena solo nei confronti dei terzi, mentre diviene recessiva nei confronti dei minori, titolari dello speculare quanto prevalente diritto di conservare rapporti significativi con i parenti, qualora non sia funzionale alla loro crescita serena ed equilibrata, sicché la frequentazione con i nonni comporti loro turbamento e disequilibrio affettivo (la Suprema corte, ritenendolo ricorribile per cassazione, ha confermato il provvedimento di merito che, a tutela del superiore interesse dei minori, ha escluso ogni contatto tra un nonno e i nipoti, in ragione della condotta violenta e prevaricatrice del primo, tenuto anche conto della volontà espressa dai secondi).

Cass. civ. n. 12957/2018

In tema di separazione personale tra coniugi, ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l'età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l'obbligo legale dell'ascolto – non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.

Cass. civ. n. 12954/2018

In tema di affidamento dei figli minori, il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissare le relative modalità, in caso di conflitto genitoriale, è quello del superiore interesse della prole, stante il preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata, sicché il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l'adozione di provvedimenti – quali, nella specie, il divieto di condurre il minore agli incontri della confessione religiosa abbracciata dal genitore dopo la fine della convivenza – contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, ove la loro esteriorizzazione determini conseguenze pregiudizievoli per il figlio che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo.

Cass. civ. n. 19327/2015

In tema di separazione personale tra coniugi, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento - direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali - costituisce adempimento previsto a pena di nullità ove si assumano provvedimenti che lo riguardino, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata in quanto il giudice d'appello, confermando l'affidamento della minore ai servizi sociali, non aveva provveduto al suo ascolto, nonostante la stessa, all'epoca dei fatti di anni dieci, ne avesse fatto richiesta e fosse da ritenersi capace di discernimento, come da certificazione medica e relazione scolastica in atti).

Cass. civ. n. 6129/2015

L'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché dell'art. 315-bis c.c. (introdotto dalla legge n. 219 del 2012) e degli artt. 336 bis e 337 octies c.c. (inseriti dal d.l.vo n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l'art. 155-sexies c.c.). Ne consegue che l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Cass. civ. n. 18538/2013

L'art. 315 bis c.c., introdotto dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, prevede il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, e quindi anche in quelle relative all'affidamento ai genitori, salvo che l'ascolto possa essere in contrasto con il suo "superiore interesse". (Nella specie, la S.C., nell'enunciare il principio, ha rigettato la doglianza in ordine alla mancata audizione del minore ai fini della sua collocazione prevalente presso uno dei genitori, in quanto la stessa non era stata richiesta nel corso del giudizio di merito e la questione risultava proposta per la prima volta nella memoria ex art. 378 c.p.c. peraltro solo con riferimento al sopravvenuto art. 315 bis c.c.).