26 Gen Affido condiviso: legittima la revoca se la discordia tra i genitori è dannosa per il minore
In tema di separazione personale quando la conflittualità e l’assenza di comunicazione tra i genitori comporta pressioni e tensioni nocive sul figlio minore è giustificata la revoca dell’affidamento condiviso.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5108/2012 laddove – respingendo il ricorso di un padre separato – ha affermato il principio secondo il quale in materia di separazione personale la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori è derogabile – ai sensi dell’art. 155 bis, primo comma, cod. civ. – solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce l’esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni delle singole vicende familiari approdate in sede giudiziaria.
Ed invero la mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti di separazione tra i coniugi, non preclude la misura preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole.
Nell’ipotesi, invece, in cui il dissidio tra i genitori si traduce, in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli, tali da pregiudicare il loro superiore interesse, l’affido condiviso non potrà essere applicato.
Ebbene, nella vicenda familiare oggetto della sentenza, i due genitori non comunicavano tra di loro e «decidevano autonomamente le attività della figlia, costretta a fare due turni a scuola, due diverse attività sportive e persino due diete alimentari». Detta situazione ovviamente, come accertato dalla Ctu, era vissuta «molto male dalla minore in quanto fonte di confusione e di alterazione della sua condizione psicologica».
Il Tribunale di Roma che aveva stabilito l’affidamento condiviso, viste le risultanze della Ctu, – in sede modifica delle condizioni della separazione personale delle parti – aveva così disposto l’affidamento in via esclusiva alla madre, attribuendole anche l’esercizio esclusivo della potestà genitoriale e regolando il diritto del padre di frequentazione della bambina.
Vano è risultato il successivo ricorso in appello del padre finalizzato a sostenere che l’affidamento esclusivo alla madre avrebbe dato veste di legittimità a «immancabili atti di prevaricazione del genitore affidatario legittimato all’esercizio esclusivo della potesta genitoriale»,
Per la Corte di Cassazione i giudici d’appello hanno legittimamente rilevato che «dall’espletata istruttoria, e segnatamente dall’esito della CTU, era emerso che l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione, e dunque, irreprensibilmente concluso per la sussistenza di condizioni pregiudizievoli al suo interesse, atte a legittimare I’avversata decisione, chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per l’affidamento della figlia alla madre».